Piccolo Teatro Città di Ravenna

G.A.D. Gino Caprara & Laboratorio Italiano

Eugenio Guberti


Eugenio Guberti nacque nel 1871 e morì nel 1944. Di spirito acuto, ma di carattere piuttosto chiuso, amava la gente della sua Ravenna. La amava però a modo suo, e cioè non mischiandosi ad essa, ma osservandone con distaccata ironia quei tipi caratteristici che, specie alla fine del diciannovesimo secolo e al principio del ventesimo, abbondavano nella città.
Come e perché, a un dato momento della vita, e pur preso dalla professione di avvocato nella quale eccelleva, fosse venuto nella determinazione di scrivere per il teatro, non è possibile dire.
Certo è che a Eugenio Guberti va il merito di avere dato l'avvio al teatro dialettale ravennate-romagnolo, e il merito di essere stato fra i pochissimi a conoscere a fondo, e a scriverlo alla perfezione, il nostro dialetto.
Fra commedie e atti unici, ne ha lasciato una decina. Nel 1911 furono pubblicati "Casa Miccheri" e "E burlo", e nel 1921 "Al tatar". Questi tre "lavori" furono ristampati nel 1974, insieme a "E zenar", "L'arvena" e "I bragon".
Il capolavoro di Eugenio Guberti (e non è azzardato dire il capolavoro del nostro teatro dialettale) è "Al tatar".
In questa commedia, l'autore ha affrontato e risolto in modo particolarmente felice una vera e propria commedia a intreccio, la cui vicenda, pur di per sè semplicissima, è condotta e vivificata da marcatissimi tipi di "originali".
E la commedia scorre agile e veloce dal principio alla fine, perché Guberti poneva particolare cura nella impostazione del canovaccio, e voleva evitare quel che spesso notava in tanti autori; e cioè che pezzi teatrali, anche se di bellissima invenzione e con brillante avvio, si affievolissero poi, mano a mano che si avvicinavano alla conclusione.
La comicità di "Al tatar" non scaturisce da dialoghi o atteggiamenti farseschi, bensì dalla semplice esposizione del carattere dei personaggi. Ai quali, sia detto per inciso, non si può affermare con certezza che corrispondessero persone in carne ed ossa conosciute da Guberti. Eccezion fatta per Archimede che, non solo è esistito e portava lo stesso nome, ma era proprio un notissimo "fiaschettista", ed ancor più famoso bevitore.